Rapina al Banco Central come finisce: spiegazione del finale
Ultimo aggiornamento 8 Novembre 2024 8:43 pm by Redazione
Dall’8 novembre 2024 è disponibile su Netflix Rapina al Banco Central. Si tratta della serie TV spagnola che racconta un dramma basato su una storia vera. Precisamente la trama è ispirata alla reale rapina che è avvenuta negli anni ’80 nella Banca Centrale di Barcellona, durante un periodo di forte crisi politica. Il momento risale al 23 maggio del 1981, quando undici uomini incappucciati entrano nella sede centrale della Banca e da lì non inizia una semplice rapina, bensì una lotta per una nuova democrazia in Spagna. La serie TV vede tra i protagonisti due attori spagnoli ormai noti, Maria Pedraza e Miguel Herrán. Ma vediamo insieme cosa succede nel corso degli episodi e nel finale.
Rapina al Banco Central: riassunto della trama
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La trama della serie TV Rapina al Banco Central vede undici uomini incappucciati che si introducono nella Banca Centrale di Barcellona per una rapina. Il colpo finisce durante il quarto episodio. Infatti, nel quinto e ultimo, la trama si concentra sulle conseguenze legate alla rapina. Non solo, viene svelato chi c’è dietro la missione. Inizialmente, i rapinatori tengono in ostaggio circa 300 persone e chiedono il rilascio di Antonio Tejero, ex tenente colonnello della Guardia Civil, e di altri tre leader che sono stati arrestati quando è fallito il colpo di stato del 23 febbraio 1981. Ma ecco che il capo del gruppo di criminali, José Juan Martinez, ammette poi che stanno bluffando.
Infatti, ciò che vogliono sono solo i soldi. Tutti i rapinatori, alla fine, o vengono uccisi o arrestati. Così inizia l’insabbiamento da parte del governo. Intanto, il giornalista Maider e l’agente di polizia Paco Lopez decidono di scavare a fondo per trovare la verità. Quando Martinez confessa che il suo era solo un gruppo di criminali, che voleva fuggire dalle fogne con il denaro della banca, il governo festeggia per aver messo fine al crimine, senza troppe perdite. Il presidente Cavo Sotelo strappa la lettera di dimissioni che era pronto a inviare al re, quando il suo assistente Ricardo gli fa sapere che l’operazione di salvataggio è stata un successo.
Rapina al Banco Central: com’è nata l’idea della rapina di Martinez
Tutto è nato quando Martinez è stato arrestato e reclutato da Manglano come membro dei Secoli Gialli. José e la sua squadra dovevano partecipare a situazioni che apparivano come dei piccoli crimini, ma che in realtà avevano un obiettivo politico. Quando è stato arrestato di nuovo ed è finito nella cella dove c’era Miguel Vilagran, ha iniziato a studiare l’anarchismo. Una volta uscito di prigione, ha contattato Cristina e insieme hanno fatto varie rapine per sopravvivere. Nel corso degli ultimi episodi, è Paco ad arrestare Martinez e a interrogarlo. A lui José racconta che stava lavorando per Manglano, direttore del CESID (Centro Superiore di Informazione per la Difesa).
Lo scopo era quello di ottenere dei documenti, inscenando una rapina. Paco crede che stia mentendo. Ma Vilagran ha chiesto a Martinez di incontrare qualcuno a Perpignan, che si è rivelato essere Manglano. Quest’ultimo ha chiesto a José di prendere i documenti che si trovavano nella cassetta di sicurezza 156 della Banca Centrale di Barcellona. Una volta recuperati, Martinez li consegna a Vilagran, presente tra gli ostaggi. E così i documenti finiscono nelle mani di Manglano. Martinez e la sua squadra, però, restano intrappolati, in quanto le parenti della banca non possono essere davvero perforate. Dunque, questa è sicuramente una missione suicida.
Infatti, nella serie TV Rapina al Banco Central, l’obiettivo di Manglano è quello di far morire Martinez e la sua squadra, dopo aver visto i documenti. Paco si avvicina alla verità e vuole saperne di più, ma viene messo in congedo a tempo indeterminato per evitare che la scopra.
Rapina al Banco Central: cosa c’è nei documenti che vuole Manglano?
Il presidente Calvo Sotelo cambia l’intera storia e racconta che Martinez a Perpignan non ha incontrato Manglano, bensì Antonio Luis, che inizia a essere un ricercato. Isabel, caporedattore di Maider, crede che a questo punto sia inutile continuare a indagare. Ma Maider non si ferma e con l’aiuto di Barcelona, fotografa del Daily, e Berni, suo mentore, trova il nascondiglio di Paco. Quest’ultimo racconta a Maider che Martinez gli ha confessato che Manglano è la mente dietro la rapina per via di alcuni documenti riservati. Sebbene non sappia se fidarsi del rapinatore, Paco crede comunque che ci sia qualcosa di sospetto, visto che il governo non vuole incolpare l’estrema destra.
Nel corso degli episodi della serie Rapina al Banco Central, Manglano chiede a Martinez di non raccontare il vero scopo della rapina, in cambio manterrà al suo sicuro la sua famiglia. Inoltre, consiglia a Maider di mettere fine alle sue indagini e sale di grado, ottenendo il permesso di schiacciare dei potenziali anarchici e prendendo il comando come capo della sicurezza del re. Paco e Maider non si fermano e scoprono che i documenti riportano i nomi dei ministri che avrebbero ottenuto buone posizioni nel gabinetto se il colpo di stato del 23 febbraio fosse stato un successo.
Come finisce Rapina al Banco Central: spiegazione finale
Nel finale de La Rapina al Banco Centrale, i due capiscono che questi documenti possono destabilizzare il governo e che Manglano è diventato direttore del CESID perché era riuscito a nasconderli. Paco e Maider vorrebbero continuare a indagare, ma quando l’auto del primo viene incendiata le cose cambiano. Nella speranza che alla fine la verità venga a galla, il poliziotto e la giornalista decidono di abbandonare le indagini. Inizia poi il regno di Felipe González e sia il colpo di stato che la rapina diventano solo un lontano ricordo. Dopo qualche anno, è possibile vedere Maider che parla dell’epidemia droga in città.
Invece, Paco lavora a Madrid e va a salutarla. La Rapina al Banco Centrale finisce con Paco e Maider che vanno a bere qualcosa, prima che lui lasci la città. Entrambi non parlano della rapina e questo fa intuire che ormai sono andati avanti con le loro vite, consapevoli che quella battaglia non l’avrebbero mai vinta.